Il restauro è terminato. La pala di Andrea Gastaldi restituita al suo originario splendore.

1. Il perché di un restauro

L’abbiamo sempre avuta sotto gli occhi, ma forse l’abbiamo osservata poco, scurita com’era dal tempo e per di più collocata in un’area poco illuminata, almeno fino ad anni recenti. È l’enorme pala d’altare (1878) di Andrea Gastaldi raffigurante l’apparizione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, ospitata nel presbiterio della nostra chiesa parrocchiale, sulla parete sinistra per chi guarda dalle navate. Un’opera il cui pregio è stato forse, finora, sottovalutato, sebbene l’autore sia un pittore di rilievo nel panorama artistico piemontese del XIX secolo: alcune delle sue opere più note sono infatti esposte presso la Galleria d’Arte Moderna di Torino e nel 2016 la città gli ha dedicato una mostra divisa fra l’Accademia Albertina delle Belle Arti e la Fondazione Accorsi – Ometto. Autore più incline alla pittura storica, Gastaldi si dedicò anche ai soggetti sacri, e la tela presente nel nostro Santuario ne è un esempio di valore.

Pietro Micca nel punto di dar fuoco
alla mina (Andrea Gastaldi,1858)

Cade quest’anno il 150° anniversario della posa della prima pietra della nostra chiesa: proprio per questa  importante ricorrenza la Parrocchia ha deciso di far eseguire il restauro di questa tela, un’opera tanto significativa dal punto di vista devozionale quanto da quello artistico.

E appunto di questo lavoro di recupero vi daremo conto, settimana per settimana: conosceremo insieme le complesse vicende dell’opera, constateremo i danni che essa ha patito, ma scopriremo anche  i risultati che i moderni procedimenti di restauro possono ottenere, rivelando talvolta dettagli o caratteristiche dell’opera che il tempo aveva oscurato.

Ma sempre in breve, per non annoiarvi.

Alla prossima settimana!


2. Storia e disavventure dell’opera

Erano tredici i fratelli Gastaldi; di famiglia colta, facoltosa e devota, molti di loro vengono ricordati per brillanti carriere in ambito scientifico o ecclesiastico o artistico. Erano tredici, ma solo due ci interessano qui: Andrea (1826 – 1889), pittore e docente presso l’Accademia Albertina di Belle Arti, e Lorenzo (1815 – 1883), arcivescovo di Torino dal 1871 alla morte, che donò all’Ordine dei Frati Cappuccini la Cascina Pertusa; sull’area della cascina si decise poi di edificare una chiesa – la nostra chiesa parrocchiale – e nel 1873, come già accennato, venne posta la prima pietra.

Andrea Gastaldi (autoritratto)
Lorenzo Gastaldi

Fu lo stesso arcivescovo, nel 1877, a commissionare al fratello pittore la grande pala d’altare, completata l’anno successivo, il cui titolo completo è: Apparizione di Nostro Signor Gesù Cristo alla Beata Margherita Alacoque nel monastero di Paray – le – Monial in Francia nel 1675. L’opera porta la firma dell’autore e il nome del benefattore che la finanziò, il cavalier Carlo Fava, che fu per vent’anni Segretario del Comune di Torino. L’artista inizialmente fu restio ad accettare il lavoro, il profondo misticismo del soggetto non era nelle sue corde; e di fatto rappresentò la scena con grande concretezza. Il risultato fu comunque efficace e apprezzato e la tela, dopo l’esposizione presso la Società Promotrice di Belle Arti, fu collocata in chiesa, come previsto, nell’abside dietro l’altare. Ma la sua fortuna non durò a lungo.

Poco più di trent’anni dopo, in seguito a un rimaneggiamento strutturale dell’abside, la pala fu rimossa. Fra il 1910 e il 1911 la chiesa ottenne il titolo di Santuario, vennero intrapresi grandi lavori di decorazione dell’edificio  e nella zona absidale venne collocata l’imponente statua del Sacro Cuore (opera di Giuseppe Erbetta) che vediamo tuttora.

La tela di Gastaldi rimase quasi dimenticata, relegata in un salone destinato all’oratorio (il locale che oggi ospita il bar), vittima non solo dell’incuria ma, probabilmente, anche degli incauti movimenti dei ragazzi. La ricollocazione nel presbiterio risale agli anni Cinquanta.

Date le dimensioni dell’opera (circa 5 x 2,75 m), ogni spostamento comportava che la tela venisse rimossa  dal telaio e successivamente rimontata, e anche questo contribuì a causare abrasioni o strappi. Prima della ricollocazione venne effettuato un intervento di restauro, usando però tecniche approssimative  e quindi con risultati anche peggiori dei danni. Di questi danni, però, parleremo un’altra volta.

Alla prossima settimana!


3. I danni

La pala, dunque, pur non essendo molto antica, è arrivata a noi in condizioni decisamente critiche.

Come si è detto, l’opera venne spostata, rimossa dal telaio, probabilmente anche arrotolata e forse addirittura piegata, e certo non adeguatamente protetta nella sua nuova collocazione. Non stupisce che negli anni Cinquanta  i restauratori abbiano riscontrato numerosi strappi, che però ripararono in modo affrettato, applicando semplicemente delle toppe sul retro;  le lacune nella pittura provocate da tali strappi e da altre abrasioni vennero poi stuccate e ridipinte con scarsa cura. Nell’intervento di restauro ora in corso, per non peggiorare la situazione, le precedenti toppe non saranno rimosse ma solo consolidate. Sulle parti dove la pittura è scrostata verranno eseguiti nuove stuccature e ritocchi pittorici di tipo conservativo.

I danni, però, non derivano soltanto dalla conservazione poco attenta: anche l’artista, probabilmente, ha le sue responsabilità. Nelle aree più scure (il saio della Santa, in particolare) si osserva che il colore è particolarmente rovinato, e ciò dipende, almeno in parte, da una preparazione imperfetta della base. Si può forse ipotizzare che Gastaldi abbia scelto di impegnarsi personalmente sui volti e sui dettagli più importanti, affidando l’esecuzione di altre parti a qualche allievo meno esperto, che potrebbe aver commesso errori nell’applicazione della tecnica.

Naturalmente hanno fatto la loro parte anche polvere e sporcizia, assorbite dalla vernice finale applicata dal pittore, che si è progressivamente deteriorata, conferendo a tutta la pala una tonalità cupa e uniforme. Come si può osservare sia nella foto d’insieme posta all’inizio della pagina sia nei particolari qui sotto, già la sola rimozione di questa vernice, nel corso dell’attuale restauro, ha rivelato colori più vivaci ma anche particolari prima nascosti o poco visibili. Quali? Ve lo diremo.

Alla prossima settimana!


4. Cosa rivela il restauro

Con la ripulitura del dipinto, dunque, sono diventati visibili particolari che prima non erano così chiari  o addirittura si potevano appena intuire.

Innanzitutto risultano pienamente leggibili le due scritte, cioè la firma dell’artista e la dedica del benefattore.

È letteralmente emersa  dall’oscurità l’immagine di una colonna di marmo sulla sinistra dietro la Santa.

Particolari secondari ma pittoricamente raffinati appaiono molto valorizzati: possiamo constatarlo nel gruppo di arredi liturgici (due candelabri  e un ostensorio) sullo sfondo a destra del Cristo, segnati da suggestivi riflessi di luce; o nella prospettiva del pavimento a piastrelle dietro la Santa.

Tutti i colori chiari (il cuore di Cristo, i suoi abiti, i volti dei due personaggi) risultano più luminosi e trasparenti, e si coglie meglio, in particolare nei volti, la maestria del pittore nel disegno e la sua capacità di penetrazione psicologica. Possiamo osservarlo nel confronto proposto qui sotto.

Ancora una curiosità (di quelle che appassionano gli specialisti del settore).  Il restauro ha rivelato anche un punto in cui l’autore ha avuto un ripensamento: si intravede infatti, lungo il mantello del Cristo, la traccia di una diversa piega dello stesso mantello, che Gastaldi decise evidentemente di modificare lasciando spazio agli arredi liturgici

Ma le sorprese non sono finite. Anzi, quella vera  deve ancora arrivare.

Alla prossima settimana!


5. Uno sguardo al cielo

Eccola, la vera sorpresa. Pulendo la parte superiore del dipinto, apparentemente occupata solo da un’ampia zona di cielo, le restauratrici si sono rese conto che il cielo nascondeva qualcosa. Con il doveroso consenso della Soprintendenza, la ripulitura è andata più a fondo e ha rivelato un terzo personaggio nella scena: San Francesco d’Assisi che emerge da una nube, attorniato da angioletti ormai appena visibili. E possiamo anche avere l’impressione che gli occhi della Santa siano rivolti in quella direzione, più che verso Gesù.

Perché San Francesco? E perché è stato poi cancellato? Per la prima domanda c’è una risposta, per la seconda soltanto ipotesi. Questa volta non potremo essere tanto brevi…

Partiamo dall’inizio. L’iconografia della visione di Maria Margherita Alacoque è attestata, raramente, già alla fine del XVIII secolo, ma si afferma diffusamente a partire dal 1864, anno di beatificazione della religiosa. La raffigurazione considerata “ufficiale”, appunto, in seguito alla beatificazione si trova in una tela dipinta nello stesso anno da Francesco Podesti: ci presenta il Cristo in piedi con il Cuore trafitto e coronato di spine ben in vista e accanto a Lui Maria Margherita inginocchiata in contemplazione. Successivamente la scena viene arricchita di particolari: gli artisti spesso aggiungono un altare di fronte alla Santa e Gesù appare fra le nuvole, in cielo o sopra lo stesso altare. Solo in rari casi (ne abbiamo trovati due, oltre la nostra pala), compare in cielo San Francesco. Ma non è un’aggiunta arbitraria: è noto infatti che in una delle sue visioni alla Santa apparvero, oltre al Cristo, dei Santi, e in particolare Francesco d’Assisi, che Gesù stesso le attribuì come patrono.

F. Podesti (particolare,1864), presso Pinacoteca Vaticana
G. Bertazzoni (1875), presso Chiesa del Suffragio, Lugo (RA)
L. Guglielmino (1923), presso Santuario del Sacro Cuore di Gesù, Torino

R. Casnedi (1879), presso Chiesa del Sacro Cuore, Milano
L. Fontana (1908), presso Chiesa di San Gregorio, Mogliano nelle Marche (MC)

Le notizie relative alla pala risalenti al periodo fra la sua realizzazione e la ricollocazione dopo il restauro degli anni Cinquanta sono scarsissime. Tre articoli scritti in occasione della sua esposizione presso la Società Promotrice di Belle Arti a Torino ne parlano diffusamente, con puntuali giudizi sulla resa delle figure di Gesù e Maria Margherita; ma non nominano affatto San Francesco, anzi specificano che la scena presenta due soli personaggi. Ma dunque, San Francesco era previsto o no? Fu immediatamente cancellato, o piuttosto fu aggiunto in un secondo tempo e poi cancellato ancora successivamente? Qui si entra in un vero e proprio labirinto di ipotesi.

Si potrebbe immaginare che sia stata fatta questa aggiunta solo dopo l’esposizione alla mostra, forse proprio in vista della destinazione dell’opera a una chiesa dei Padri Cappuccini. In tal caso, la cancellazione potrebbe essere stata effettuata durante il restauro degli anni Cinquanta, o per una scelta estetica, legata a un cambiamento del gusto, o per dare assoluta centralità alle due figure di Cristo e della Santa. O, infine, potrebbe invece essere stata decisa per il grave stato di degrado del volto di San Francesco, che sembrò impossibile restaurare adeguatamente.

Forse, invece, fu Gastaldi stesso a ricoprire questa figura subito dopo averla dipinta, e anche in questo caso ci si potrebbe domandare il perché. Forse per ragioni puramente estetiche, per ottenere una composizione più semplice. Ma potrebbe anche averlo fatto in seguito a critiche di carattere teologico: la collocazione e la stessa postura del Santo, infatti, potrebbero ricordare quelle specifiche dell’iconografia del Padre Eterno, con l’effetto di sminuire l’importanza della figura del Cristo

Non siamo in grado di arrivare alla soluzione di questo “giallo”… e per questa volta ci siamo dilungati anche troppo.

Alla prossima settimana!


6. La mano dell’artista

Quali caratteristiche tipiche della pittura di Andrea Gastaldi emergono dalla nostra pala?

Iniziamo dall’iconografia e dall’interpretazione che l’artista ne dà.

Come già accennato, i soggetti sacri, tanto più se con una forte connotazione miracolistica, non erano i più congeniali a Gastaldi. E d’altra parte, già anni prima, in una lettera al fratello Monsignor Lorenzo, aveva espresso seri dubbi sull’opportunità di rappresentare Gesù e Maria con il Cuore in mano, disapprovando l’eccesso di materialità dell’immagine. L’obiettivo dell’artista, ispirato dai principi del classicismo, è dunque una pittura che da un lato raffigura solo la realtà visibile ma dall’altra la idealizza, evitando forme e oggetti disarmonici o sgradevoli.

La figura del Cristo rappresenta, nella pala, il compromesso fra i canoni estetici di Gastaldi e le richieste del committente. Non può mancare, ovviamente, il Cuore coronato di spine, ma non ci sono altri particolari che suggeriscano l’atmosfera di un evento miracoloso: Gesù è un giovane snello e vigoroso con i piedi saldamente appoggiati all’altare e non emerge, come di consueto, da una nuvola. L’elemento soprannaturale sembra, in fondo, limitato alla parte superiore della tela, in quella figura di San Francesco che per tanto tempo è stata invisibile (e che, del resto, non sappiamo bene se il pittore volesse conservare).

Era fondamentale per Gastaldi rappresentare la figura umana in tutta la sua concretezza, con rigore nel disegno e con una perfetta riproduzione del modello. Era ciò che esigeva dai propri allievi e che a sua volta metteva in pratica: ci sono pervenute diverse foto (da lui stesso scattate) dei suoi modelli in posa, e abbiamo questa fortuna anche per la figura di Gesù nella nostra tela (la riproduzione è tratta da R. Maggio Serra, Andrea Gastaldi, Allemandi, Torino 1988).

Ma non solo l’efficace rappresentazione dell’anatomia e della postura dei personaggi è importante per lui: la loro espressione deve manifestare adeguatamente i sentimenti e le emozioni; lo possiamo notare nella serena benevolenza del volto di Cristo e nel rapimento estatico di quello di Maria Margherita.

Infine, è riconosciuto come un tratto tipico dell’opera di Gastaldi la cura per i particolari minuti, come quelli che l’attuale ripulitura ha fatto emergere nella pala: i dettagli del pavimento, i candelabri, le venature del legno della pedana e del marmo dell’altare o le pieghe della sua tovaglia.

A questo punto, non resta che avviarsi alle conclusioni.

Alla prossima settimana!


7. Per concludere

Nel cantiere, intanto, si lavora intensamente, sempre con la supervisione della Soprintendenza.

Lo spazio del coro, dietro l’altare, è occupato ormai da oltre due mesi dalla grande pala, disposta orizzontalmente (date le dimensioni , sarebbe stato impossibile collocarla altrove) e le restauratrici portano avanti il loro intervento, che dovrebbe essere completato in tempo per la festa del Sacro Cuore di Gesù, il 16 giugno.

Che aspetto avrà l’opera, quando la rivedremo?

Abbiamo già detto dei colori, rivelatisi più brillanti dopo la rimozione della vernice degradata. Quanto alle zone – e sono tante – dove il colore risulta scrostato, dopo le necessarie stuccature si eseguono, secondo i moderni criteri di restauro, ritocchi con il rigatino mimetico: il colore, cioè, viene steso sulle lacune non con pennellate piene ma con una trama di sottili righe verticali; si ottiene così un effetto di uniformità, anche se le integrazioni, viste da vicino, rimangono riconoscibili. Possiamo farci un’idea del cambiamento da questi due esempi.

Arrivati a questo punto, non pensiamo di aver soddisfatto ogni curiosità sulla nostra pala né tantomeno sull’autore. Vogliamo quindi condividere le principali fonti da cui abbiamo tratto queste notizie.

Innanzitutto le conversazioni con Don Riccardo, che con profonda competenza ci ha dato utili informazioni e suggerito spunti interpretativi stimolanti. Poi gli incontri con le restauratrici, che più volte si sono lasciate interrompere nel loro lavoro per illustrarci dettagli tecnici e fornirci prezioso materiale fotografico.

E infine le pubblicazioni (non molte, in verità) che dedicano spazio al nostro artista:

Ugo de Filarte, “Pubblica esposizione di Belle Arti in Torino nel 1878”, Gazzetta del Popolo n. 130, 11 maggio 1878, p. 10

G. Piumati, “Esposizione di Belle Arti. Rivista”, Gazzetta Piemontese n. 139, 20 maggio 1878

Analci de Istria, “Scorsa all’Esposizione di Belle Arti – XI”, Gazzetta di Torino anno XIX n. 141, 22 maggio 1878

Franco Monetti – Arabella Cifani, “Lettere del pittore Andrea Gastaldi al fratello Lorenzo (1852-1857)”, Studi Piemontesi  XIV (1985) 1

Rosanna Maggio Serra, Andrea Gastaldi 1826-1889. Un pittore a Torino tra romanticismo e realismo, Allemandi, Torino 1988

Rosanna Maggio Serra, “La pittura religiosa in Torino ai tempi di Don Bosco”, in Torino e Don Bosco, a cura di Giuseppe Baracco, Stamperia Artistica Nazionale, Torino 1989, vol. I. I Saggi

A voi tutti, grazie per averci seguiti fin qui!

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