Storia del Sacro Cuore di Gesù – NUOVO CAPITOLO: Pittori, scultori e intagliatori all’opera

  • Il Sacro Cuore di Gesù: storia e memorie

    Non è un’impresa da poco ripercorrere la storia di una parrocchia nata 150 anni fa.

    È una storia che si intreccia con quella di un quartiere sviluppatosi proprio a partire da quegli stessi anni, con la rapida urbanizzazione di un’area ancora rurale. È una storia che attraversa due cambi di secolo, due guerre mondiali, due pandemie (non dimentichiamoci, un secolo prima del Covid, la Spagnola). È la storia di una delle comunità parrocchiali più numerose della diocesi. È la storia di un edificio notevole sul piano architettonico, arricchito nel tempo di strutture – la mensa dei poveri, i locali dell’oratorio, il cinema, il campo di calcio… – che hanno offerto un servizio importante al quartiere, e non solo.

    Come possiamo, dunque, ricostruire questa lunga storia senza proporre un enorme accumulo di dati che, nonostante gli sforzi, alla fine risulterebbe incompleto?

    Vogliamo proporre, innanzitutto, un percorso schematico attraverso gli eventi più significativi, o che ci sono sembrati degni di nota; successivamente approfondiremo alcuni argomenti, relativi sia all’edificio sia alla comunità del Sacro Cuore di Gesù.

    In parallelo, sarebbe interessante integrare le notizie ricavate dalle fonti scritte con la memoria dei parrocchiani, raccogliendo – con modalità ancora tutte da precisare – le preziose testimonianze di chi, più o (soprattutto) meno giovane, ha conservato ricordi legati ad aspetti dell’edificio o della vita parrocchiale che nel tempo sono cambiati e che quindi molti non hanno conosciuto. Per ora, vi invitiamo a ricordare…


  • Cronologia della Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù

    1867 Il canonico Lorenzo Gastaldi, poi vescovo di Saluzzo e successivamente arcivescovo di Torino, concede in uso la sua cascina campestre “La Pertusa” presso l’antica Barriera di Nizza ad alcuni Padri Cappuccini, affidando loro la cura della cappella appena costruita

    1869 10 maggio Con un simbolico atto di vendita (per un valore di L. 20.000) la proprietà della cascina passa ai Cappuccini

    1869 24 settembre I Cappuccini si impegnano a officiare la Chiesa a proprie spese e a celebrare le messe

    1870  Su incarico di Monsignor Gastaldi l’architetto Edoardo Arborio Mella inizia a lavorare al progetto della Chiesa per i Cappuccini

    1873 30 giugno Monsignor Gastaldi, Arcivescovo di Torino dal 1871, benedice solennemente la Prima pietra della nuova Chiesa

    1876 31 dicembre Il Can. Tommaso Chiuso, Segretario e Delegato del Arcivescovo, benedice la Chiesa, ormai ultimata nelle parti essenziali, sotto il titolo del Sacro Cuore di Gesù. Primo Rettore della nuova chiesa è Padre Elezario da Tronzano

    1878 Realizzazione della pala raffigurante la visione di Santa Margherita Maria Alacoque ad opera di Andrea Gastaldi

    1878 18 luglio La Chiesa diventa parrocchia  

    1884-1887 Edificazione della sacrestia e degli uffici parrocchiali su Via Nizza

    1886 Viene installato un grandioso organo realizzato dalla ditta Vegezzi Bossi di Centallo

    1889-1890 Completato il campanile, vengono installate le campane prodotte dalla fonderia Mazzola di Valduggia

    1905 Viene aperta la Mensa per i poveri

    1907-1911 Iniziano i lavori di trasformazione architettonica: viene edificato un nuovo abside, ampliato il  presbiterio, vengono realizzate tutte le parti lignee (coro, confessionali, battistero e bussole); vengono installate le vetrate policrome

    1910 24 giugno L’Arcivescovo di Torino Cardinal Richelmy benedice la colossale statua del Sacro Cuore collocata nell’abside, opera di G. Erbetta.

    1910 5 dicembre L’Arcivescovo concede alla Chiesa il titolo di Santuario.

    1911 9 dicembre Terminati tutti i lavori, la Chiesa viene consacrata e dedicata al Sacro Cuore di Gesù dal Cardinal Richelmy

    1923 25 novembre Vengono inaugurati i due altari laterali in noce, dedicati rispettivamente al  Ss. Crocifisso e all’Immacolata, con statue dello scultore Barbieri e pale del pittore Guglielmino

    1930 Ultimato il nuovo Convento dei Cappuccini su disegno gratuito dell’architetto Luigi Rocchigiani

    1941 29 giugno Viene Inaugurata la porticina, in argento sbalzato, del tabernacolo,  opera della scultore Degasperi

    1943 13 agosto / 1944 4 giugno La Chiesa subisce alcuni danni in seguito ai bombardamenti degli Alleati

    1955 Nasce presso l’oratorio la società di calcio Pertusa, che cambierà sede negli anni Settanta

    1959 Realizzazione del pavimento marmoreo del presbiterio

    1961 31 gennaio Inaugurazione del nuovo Cinema-teatro

    1962-1963  Restauri al frontone della Chiesa. Allestimento di nuovi locali per la sacrestia e per gli uffici parrocchiali, che vengono trasferiti da via Nizza in via Brugnone

    1967 Viene rinnovato in marmo il pavimento della Chiesa

    1968 17 gennaio  Un incendio devasta la bussola laterale destra, il battistero e l’organo. Le navate laterali e un rosone sono restaurati nello stesso anno.

    1974  Si provvede alla sistemazione del presbiterio secondo le norme liturgiche previste dal Concilio Vaticano II: mensa, ambone e sede della presidenza

    1977 Viene restaurato l’organo danneggiato. Vengono restaurate le campane e ne viene elettrificato il movimento

    1979 Costruzione del nuovo edificio destinato alle aule per la catechesi e la palestra

    1987 Rifacimento del tetto della Chiesa

    1997-1998 Ristrutturazione del salone sotto chiesa e della Mensa dei poveri

    1999-2000 Lavori di adeguamento per la messa a norma dei locali del cinema

    2002 febbraio Iniziano i lavori di restauro conservativo della Chiesa

    2003 I Cappuccini rinunciano alla cura pastorale della parrocchia-Santuario e trasferiscono l’intera proprietà in dono gratuito alla diocesi. Il 13 settembre subentra il nuovo parroco don Luciano Fantin.

    2005 Nasce l’Associazione Noi Sacro Cuore di Gesù – Torino, rinominata nel 2021 Noi  Scgtorino

    2008-2009 Restauro dell’apparato decorativo interno della Chiesa

    2017  Restauro della Cappella dell’Ottavo Giorno

    2021 maggio Inaugurazione del Barbis, il nuovo bar dell’oratorio adiacente al nuovo ingresso di via Nizza 56 bis

    2021 giugno Gli artisti olandesi Karski&Beyond realizzano nell’oratorio il murale dal titolo The Wall of Inclusion

    2022 26 maggio Viene inaugurato, dopo nove mesi di lavori,  il nuovo spazio musicale Sala AVE nel sotto chiesa

    2023 marzo – giugno Restauro della pala d’altare di Andrea Gastaldi


    I nostri parroci

    1876-1878 Padre Elezario Bono da Tronzano  (superiore della comunità dei Cappuccini e rettore della Chiesa)

    1878-1898 Padre Petronio Giuseppe Parena da Montechiaro (primo parroco effettivo)

    1898-1929 Padre Cornelio  De Lorenzi da Torino

    1929-1932 Padre Prudenzio Rolfo da Mazzè

    1932-1936 Padre Amatore Navone da Riva di Chieri

    1936-1937 Padre Cesare Di Nunzio da Collepardo

    1937-1947 Padre Teofilo Moletto da Balme

    1947-1964 Padre Marco Albrile da Valdellatorre

    1964-1977 Padre Maurilio Giovanni Beltramo da Busca

    1977-1992  Padre Bruno Caminale da Torino

    1992-1993 Padre Maurilio Giovanni Beltramo da Busca (amministratore parrocchiale)

    1993-2003 Padre Giacomo Garino da Macra

    2003-2017 Don Luciano Fantin  (Bardi)

    2017-         Don Riccardo Baracco (Collegno)


  • C’era una volta una cascina

    “La prima idea di questa chiesa venne in mente al sottoscritto sul principio dell’anno 1864, e quando esso come l’anziano de’ suoi fratelli, preparava la divisione, che poi si fece, degli stabili caduti nell’eredità paterna. Imperoché questa chiesa occupa una parte del fabbricato e rustico della cascina Pertusa, acquistata dal Avvocato patrocinante Bartolomeo Gastaldi, nato in Riva-Chieri, padre del sottoscritto nell’anno 1823, ed il campo che era tra questo fabbricato rustico e lo stradale di Nizza. Al fabbricato rustico essendo annesso un fabbricato civile con giardino, l’Avvocato Bartolomeo e sua consorte Margherita Volpato da Chieri madre del sottoscritto e tutta la famiglia assai numerosa vi venivano a villeggiare insino all’anno 1834 […]”.
    È la prima pagina del memoriale relativo alla Nuova chiesa parochiale dedicata al Sacrat.mo Cuore di Gesù eretta in Torino nel borgo S. Salvario lungo lo stradale di Nizza, scritto di suo pugno dall’Arcivescovo di Torino Lorenzo Gastaldi nel 1877.

    Si tratta di un documento ricco di informazioni preziose per la nostra storia, a partire da queste poche righe, che testimoniano come il primissimo nucleo della nostra parrocchia risieda nell’antica cascina Pertusa, appartenente fin dal 1823 alla famiglia del futuro arcivescovo, che vi trascorreva abitualmente la villeggiatura.
    La zona di San Salvario e Barriera di Nizza, nell’epoca evocata da questo memoriale, ha iniziato da poco il suo sviluppo urbanistico: i primi edifici civili di San Salvario sorgono infatti all’inizio dell’Ottocento, e lo sviluppo verso sud proseguì contemporaneamente alla fondazione, appunto, della parrocchia.
    Ma la nostra storia comincia ancora prima.

    Fra le numerose cascine che si trovavano in quest’area ancora completamente rurale, la prima menzione della Cascina Pertusa, a margine di quello che sarà chiamato stradale di Nizza, non lontano dal Convento di San Salvario, si trova in una carta della fine del Seicento.
    Poco più avanti, nell’anno 1706, due documenti relativi all’assedio di Torino attestano l’esistenza del nostro edificio, indicato come Petrusa in una mappa, e come Pertusa in un elenco di cascine. Un successivo documento del 1790 (la Guida alle cascine, e vigne del territorio di Torino e’ suoi contorni, dell’architetto Grossi) la definisce nuovamente Pertusa e ne attribuisce la proprietà al Sig. Avvocato Gautier. Come Ferme la Pertusa compare anche nella cartina del catasto napoleonico del 1804.

    La cascina è registrata poi, nel 1823, fra i beni posti all’incanto in seguito al fallimento della ditta Giuliano Richelmi & C.: evidentemente in questa occasione venne acquistata da Bartolomeo Gastaldi, padre di Monsignor Lorenzo. A tale data la Pertusa risulta dotata di 5192 giornate di terreni (poco meno di 2 ettari), che, a metà del secolo, saranno parzialmente occupati dalla ferrovia.
    Antonio Rabbini, in un elenco delle cascine torinesi redatto nel 1840, documento fondamentale per l’urbanistica cittadina dell’Ottocento, indica la Pertusa come proprietà dell’Avvocato Bonifacio Gastaldi, ma possiamo presumere che si tratti di un lapsus, dal momento che, a quella data, siamo certi dell’appartenenza al padre di Monsignor Lorenzo, di nome Bartolomeo.
    E infine arriviamo al 1864, e al memoriale da cui siamo partiti. L’Arcivescovo Gastaldi racconta di essersi reso conto, visitando la cascina per la spartizione dell’eredità, che lì attorno si era ormai formata una borgata ed era quindi il momento di dotare la zona di un edificio di culto: “Si sentì ispirato da Dio ad innalzare quivi una cappella piuttosto ampia, e collocarvi poi un sacerdote il quale la uffiziasse e provvedesse in qualità di coadiutore parochiale alle urgenti necessità religiose di quella popolazione ognora crescente”.
    Acquistata anche la parte spettante ai fratelli, divenne l’unico proprietario di “tutta la parte rustica della Cascina, insieme col campo summenzionato, in tutto un’area di giornate 1, tavole 7” (cioè circa mezzo ettaro); poiché la cascina all’epoca era affittata, interruppe il contratto; e finalmente nel 1866 era ormai pronta una piccola cappella nella parte occupata dalla stalla – il progetto iniziale era più ampio e ambizioso, ma insostenibile sul piano economico… si accontentò dunque di “una cappella qualsiasi, purché non indecente”.
    Rimaneva il dubbio su chi potesse prendere in carico la nuova cappella: Monsignor Gastaldi pensò in un primo tempo ai Salesiani o ai Rosminiani, ma “la Provvidenza tolse via l’incertezza”. Nel 1866 furono infatti promulgate dal governo italiano leggi che sopprimevano gli ordini religiosi e ne confiscavano i beni, per cui molti frati Cappuccini rimasero privi di convento: Gastaldi concordò quindi con il Padre Provinciale di affidare la cappella a un gruppo di Cappuccini, offrendo loro come dimora la cascina, la cui proprietà nel 1869 sarà trasferita all’Ordine.

    Qui comincia una lunga storia di successivi ampliamenti e miglioramenti dell’edificio sacro, che affronteremo più avanti.

    Aggiungiamo, per completezza, che l’Arcivescovo donò successivamente, nel 1881, la parte ancora in suo possesso dei terreni della Pertusa ai Padri Rosminiani, per la costruzione di una scuola elementare gratuita rivolta ai bambini poveri della zona: sarà il nucleo iniziale dell’Istituto Rosmini.

    Dalle numerose mappe, a partire da quelle più antiche, possiamo farci un’idea di quale fosse la pianta della cascina. Inizialmente, nei documenti del Settecento e di inizio Ottocento, risulta una forma a L: un lato segue quella che sarà via Brugnone, e coincide con l’attuale edificio della casa parrocchiale e dell’ufficio; l’altro lato, di norma raffigurato verso Ovest (con l’eccezione della pianta più antica, che lo presenta verso Est), è parallelo all’attuale via Nizza. Nella mappa edita presso Giovanni Battista Maggi (1857) l’edificio appare ampliato: la pianta risulta di forma quadrata, con il corpo a Ovest prolungato di alcuni metri. Il lato Sud, tuttavia, non compare in due mappe del 1866. Al di là di queste lievi incongruenze, quello che può essere più importante per noi è che in una delle mappe del 1866 è indicato il simbolo dell’edificio sacro, per cui sappiamo esattamente dove era stata recentissimamente costruita la primitiva cappella.

    Ma anche il nome della cascina ha una sua storia.

    Sull’origine del toponimo Pertusa è diffusa una voce che lo collega a un pertugio,  un sottopasso che permetteva di attraversare la ferrovia fra i quartieri di San Salvario e di San Secondo, come prosecuzione di Via Brugnone, con l’uscita nei pressi di Via Savonarola. In realtà il sottopasso, evidentemente, fu realizzato dopo la costruzione della ferrovia, cioè a metà Ottocento, mentre abbiamo visto come il toponimo associato alla cascina sia ben più antico. È quindi assai probabile che il sottopasso abbia assunto il nome della cascina, ancora famigliare ai torinesi dell’epoca; questo nome, del resto, era allora attribuito a tutta l’area circostante, definita “regione della Pertusa”. Del “sottovia detto della Pertusa” parlano alcuni documenti di fine Ottocento, giudicando la struttura ormai obsoleta perché troppo stretta, difficilmente accessibile da via Nizza, soggetta a ristagni d’acqua nei periodi piovosi. Tuttavia, fino al 1924, quando fu completato il cavalcavia di Corso Dante, il sottopasso, noto anche col nome popolare di “Ponte patata”, rimase aperto e utilizzato – non senza rischi, come attesta la notizia, pubblicata dalla Stampa, di una violenta rapina che avvenne proprio qui nel novembre di quell’anno.

    Il nome Pertusa, infine, fu scelto per la società calcistica fondata nel 1955  presso l’oratorio del Sacro Cuore di Gesù. Il Pertusa, con l’attivo sostegno dei Padri cappuccini (Fr. Felicissimo, Fr. Giancrisostomo, Fr. Berardo), formerà tanti ragazzi, portando avanti un progetto non solo sportivo ma educativo. La società trasferì la propria sede in zona Millefonti sul finire degli anni Settanta, conservando però nel nome la memoria della nostra antica cascina

    Un po’ di bibliografia

    Giò. L. Amedeo Grossi, Guida alle cascine e vigne del territorio di Torino e’ suoi contorni, Torino 1790, vol. I

    “Annunzi giudiziarii”, Supplemento alla Gazzetta Piemontese, 23 luglio 1823

    Antonio Rabbini, Elenco di nomi dei proprietari delle cascine, ville e fabbriche designate sulla carta topografica della città, territorio di Torino e suoi contorni, Torino, Presso l’editore Gio. Batt. Maggi 1840

    “Nota”, Gazzetta Piemontese. Supplemento ai numeri 109 e 110, 7 e 8 maggio 1857

    Regia Deputazione sovra gli Studi di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, Le Campagne di guerra in Piemonte  (1703-1708) e l’assedio di Torino (1706). Studi – Documenti – Illustrazioni, Vol. 7, Fratelli Bocca, Torino 1907

    Sul “sottopasso della Pertusa”

    Emilio Ovazza, “Relazione della commissione incaricata di studiare il miglior modo di diminuire gli inconvenienti che apporta il servizio ferroviario in Torino”, Atti della Società degli Architetti e degli Ingegneri in Torino 13 (1899); anche in Monitore delle strade ferrate e degli interessi nazionali, 18 novembre 1899

    “Rapina”, La Stampa, 24 novembre 1924

    “Le lettere del Pubblico. Il ‘Ponte Patata’”, La Stampa, 23 dicembre 1924

    Carlo Merlini, “Vent’anni di cinematografia torinese”, Torino. Rassegna mensile della città, anno XXIII (1943)

    Sito società calcistica Pertusa:  https://www.klpertusa.it/


  • Da “una cappella qualsiasi” a “una chiesa un po’ bellina”

    Nel 1866, dunque, la stalla della ex Cascina Pertusa era stata trasformata in una cappella, la cui necessità per la popolazione della zona appariva ormai urgente, come attesta il già citato memoriale di monsignor Gastaldi,  fonte preziosa di notizie su questo edificio del quale non rimane ormai alcuna traccia, ma che coincideva con i locali che oggi danno accesso agli uffici, in via Brugnone 3.

    L’obiettivo di Gastaldi era quello di realizzare l’opera in tempi brevi e con una spesa contenuta: “una cappella qualsiasi purché non indecente”, in attesa di avere i mezzi per costruire “una Chiesa ben architettata e di sufficiente capacità”. La cappella conservò sostanzialmente la struttura della “stalla che era destinata ai Pastori nell’inverno”: lunga 22 metri e larga 6.35, aveva copertura a volta; poiché l’altezza era di soli 3,5 metri, il pavimento venne ribassato di un metro, fino alle fondamenta. L’edificio fu intonacato a calce, ornato di “qualche tinta e pittura”, pavimentato in cotto e provvisto di un altare in legno; “dietro l’altare si costrusse un coro; e dietro il coro la sacrestia”. La nuova cappella, affidata ai Padri Cappuccini, come sappiamo, fu consacrata al Sacro Cuore di Gesù il 19 novembre 1866.

    Ma Gastaldi aveva in mente un piano più ambizioso: trasformare la piccola cappella in un edificio più nobile, “una Chiesa un po’ bellina, almeno decente nel suo genere”. In questi termini si era espresso in una lettera del 6 settembre 1870 al Conte Edoardo Arborio Mella, al quale commissionava il progetto.  Nominato arcivescovo di Torino il 27 ottobre 1871, Gastaldi  manifestò la sua intenzione attraverso una Lettera pastorale pubblicata il giorno di Natale.

    Arborio Mella, vercellese, formatosi al Collegio dei Nobili di Torino, aveva coltivato la passione per l’architettura attraverso viaggi in Italia e all’estero; formalmente dunque non divenne mai architetto, ma come tale è conosciuto, e così lo definiremo d’ora in poi. Mella è ricordato soprattutto come il promotore del revival neomedievale nell’architettura sacra degli ultimi decenni dell’800 in Piemonte,  forte della sua esperienza nel restauro di numerose chiese medievali della regione. A Torino aveva già progettato la chiesa di Nostra Signora del Suffragio in via San Donato e avrebbe poi realizzato quella di San Giovanni Evangelista (“San Giovannino”) in corso Vittorio Emanuele II, entrambe in stile neoromanico.

    Accanto al memoriale di Gastaldi, alcune lettere dell’arcivescovo all’architetto ci permettono di seguire le vicissitudini del progetto.

    In un primo momento, sembrò essenziale badare al risparmio: Gastaldi, nella già citata lettera a Mella, ironizza sulla scarsa disponibilità finanziaria dei Cappuccini, poi, più seriamente, ricorda che la loro Regola prevede la povertà: la chiesa sarà “di stile gotico o lombardo” (cioè romanico), a una sola navata, con un altare maggiore e due laterali, quattro confessionali, e con capienza di 1500 persone; dovrà avere pochissime decorazioni, da effettuare in economia “con tinte o chiaroscuri, o con mattoni”. Non mancano pressioni sull’architetto riguardo ai tempi di realizzazione: l’inizio dei lavori si potrebbe prevedere per la primavera successiva, anticipando però lo scavo delle fondamenta nell’inverno, e il progetto dovrebbe essere pronto al più tardi entro il Natale.

    Le operazioni tuttavia si protrassero molto oltre le intenzioni dell’arcivescovo. Il primo progetto, in stile romanico, non lo convinceva pienamente; nel frattempo si era reso conto di poter contare su una maggiore disponibilità di fondi grazie alle generose offerte dei fedeli. In una lettera a Mella del dicembre 1872 chiese pertanto un edificio più ampio, a tre navate, con due cappelle al termine delle navate laterali; inoltre dichiarò di preferire lo “stile a sesto acuto od ogivale” (gotico) rispetto al romanico. Insomma, Mella fu costretto a ricominciare da capo; e di nuovo ricevette pressioni riguardo ai tempi, perché Gastaldi intendeva iniziare i lavori “non più tardi della prossima primavera, o sul principio dell’estate”.

    Il cantiere fu finalmente avviato, sotto la supervisione dell’ingegner Melchiorre Pulciano, e si arrivò alla benedizione delle fondamenta e alla posa della prima pietra il 30 giugno 1873. Nonostante altre pause e rinvii, alla metà del 1876 l’edificio “era come finito nelle sue parti essenziali”.

    L’esito del progetto di Arborio Mella viene oggi giudicato piuttosto freddo e impersonale nell’interpretazione dei modelli medievali (in confronto, ad esempio, alle realizzazioni del suo contemporaneo Alfredo D’Andrade); mentre è evidente che, quando poteva muoversi più liberamente anche grazie a risorse finanziarie più abbondanti, come nel caso della chiesa di San Giovannino, i risultati furono più originali. A prescindere da qualsiasi giudizio di valore, si possono comunque riconoscere i principali modelli che l’architetto aveva presenti: la basilica di Sant’Andrea a Vercelli, per la pianta con il transetto appena sporgente e per gli archetti pensili; e il duomo di Asti, sia per la pianta sia per la struttura della facciata.

    Data la scarsità di foto dell’epoca, le fonti che abbiamo per conoscere l’aspetto originario del Sacro Cuore sono da un lato i disegni eseguiti su indicazione di Mella dal suo collaboratore Carlo Reviglio della Veneria, dall’altro il già citato memoriale dell’arcivescovo Gastaldi.

    L’analisi di questi documenti ci dà testimonianza di una lunga elaborazione segnata da numerosi ripensamenti per l’intervento sia del committente sia dei collaboratori di Mella: del resto l’architetto non seguì costantemente i lavori, ma tornò a dedicarsi al cantiere del San Giovannino. Risultano dunque significative discrepanze non solo fra i disegni progettuali e la descrizione dell’edificio stilata dall’arcivescovo a lavoro finito, ma anche fra gli stessi disegni di Mella. Pur con alcuni dubbi che rimangono aperti, confrontando questo materiale possiamo renderci conto che, all’epoca, la chiesa presentava notevoli differenze rispetto alla sua forma attuale.

    La più rilevante riguarda la zona del presbiterio: non esiste abside, la parete di fondo è piatta [A] ed è occupata dal coro riservato ai frati [B]; sul lato sinistro si nota, come oggi, una cappella [C], in corrispondenza del campanile sul lato destro [D]; l’altare maggiore [E] è molto più avanti rispetto all’attuale collocazione, e il presbiterio è circondato da una balaustra [F]. Un’ulteriore preziosa informazione riguardo al primitivo aspetto del presbiterio si ricava dal memoriale di Gastaldi che cita la “finestra maggiore del Coro, alta metri 5 […] in vetro bianco con sopra una tela trasparente che rappresenta Nostro Signore Gesù Cristo in stile bizantino”. 

    Lungo la navata sinistra vediamo, nella pianta, due altari [G] e, alle estremità, due strutture che, in base al testo di Gastaldi, riconosciamo come confessionali [H]. Nella parete della terza campata si direbbe previsto un passaggio [I], ma il muro non sembra interrotto da un’apertura (né vi è oggi traccia di una porta murata): poiché Mella aveva originariamente previsto, sotto la chiesa, una grande cripta estesa quanto lo stesso edificio, si può ipotizzare che questa potesse essere appunto la rampa di accesso a tale cripta, mai realizzata. Lungo la navata destra si osserva una porta nella terza campata [L], ora murata ma ancora visibile; a differenza dell’altra navata, lungo la parete non risulta presente alcuna struttura: non è chiaro, dai documenti disponibili, se la vasca battesimale in marmo, che Gastaldi cita senza indicarne la posizione, fosse collocata qui, a destra dell’ingresso, dove molti di noi la ricordano, con un rivestimento ligneo, poi irrimediabilmente danneggiata dall’incendio del 1968.

    La sezione longitudinale relativa alla navata sinistra presenta notevoli differenze rispetto alla pianta: è assente il primo altare laterale, mentre risulta esistente solo quello dalla quarta campata [A]; si osserva, nel transetto, una struttura [B] che sembrerebbe più un fonte battesimale che un confessionale; al di sopra, come nella campata attigua [C], era previsto un matroneo, dove il progettista colloca l’organo [D], mentre sappiamo che Gastaldi preferì porlo sopra il portale d’ingresso, e che in realtà l’ingegner Pulciano decise di realizzare i matronei in posizione diversa (riprenderemo successivamente il discorso); il passaggio nella terza campata [E] qui è disegnato come una porta che dà sull’esterno.

    Il prospetto della facciata presenta un unico portale centrale [A], con due finestre laterali [B], come unica differenza dallo stato attuale.

    Fotografia 1898
    Fotografia anni Duemila

    Nel prospetto laterale esterno spicca l’assenza degli archi rampanti, che furono però realizzati in questa prima fase costruttiva per iniziativa dell’ingegner Pulciano, direttore dei lavori, scavalcando la volontà di Mella.

    Poche  informazioni riceviamo da Gastaldi riguardo all’esterno della chiesa: si limita a scrivere che “è in mattoni bellissimi, decorati con pietre maestrevolmente lavorate; e presenta uno dei più belli lavori detti di paramano”; aggiunge che il campanile è dotato di cinque campane “in bel concerto” nonché di un prezioso parafulmine.  Insiste invece compiaciuto su alcuni elementi dell’interno: i “bellissimi pilastri” fra le navate, “che figurano ciascuno un gruppo di 4 colonne”,  le finestre “tutte a vetri colorati”; “Il pavimento […] parte in marmo, parte alla veneziana” (cioè in graniglia: l’attuale pavimento in marmo è infatti più tardo); e non manca di sottolineare che i tre altari, la balaustra, la vasca battesimale e le acquasantiere sono tutti in marmo.

    In complesso, l’arcivescovo si mostra molto soddisfatto del risultato sebbene, nel momento in cui scrive, manchi ancora tutta la decorazione interna. La chiesa però ha ormai ottenuto il titolo di parrocchia e pertanto si potrà contare su contributi cospicui, anche da parte del Comune.

    Non tutti però condividevano la sua soddisfazione…

    In un articolo della Gazzetta Piemontese del 24 gennaio 1877 dedicato all’attigua Scuola di Veterinaria, situata sul lato opposto di via Brugnone,  il Professor Domenico Vallada elencava una serie di criticità, fra cui il fatto che alcuni locali “già umidi e bassi”, sono diventati ancor più “umidi ed oscuri, perché il nuovo e vicino tempio, testé eretto e dedicato al Sacro Cuore di Gesù, lor toglie pienamente la luce del mezzogiorno”.

    Un po’ di bibliografia

    Vallada, “La Scuola Veterinaria Superiore”, Gazzetta Piemontese, 24 gennaio 1877

    Giuseppe Isidoro Arneudo, Torino sacra illustrata nelle sue Chiese nei suo Monumenti Religiosi nelle sue Reliquie, Giacomo Arneodo Editore, Torino 1898

    M. Rozza – G. Scianca – P.G. Turi, Relazione su disegno e rilievo della Chiesa del Sacro Cuore di Torino, 1996


  • Una nuova abside

    Erano passati pochi anni dall’apertura, e già la chiesa presentava problemi di capienza. D’ora in poi spetterà ai parroci occuparsi di ogni intervento sull’edificio, non solo perché ne sono pienamente responsabili, ma anche perché l’Arcivescovo Gastaldi muore nel 1883. Fu dunque Padre Giuseppe Parena ad affidare all’ingegner Pulciano, già impegnato nel cantiere originario, il compito di ripensare la struttura del presbiterio per recuperare spazio alle navate.

    La soluzione attuata da Pulciano fra il 1881 e il 1884 fu di liberare un’intera campata arretrando l’altare maggiore e di realizzare dietro questo un nuovo coro poligonale (per la precisione semiottagonale), abbattendo l’originaria parete di fondo piatta fino a metà altezza circa.

    Fu però solo fra il 1907 e il 1910 che la chiesa acquisì il suo aspetto definitivo, grazie a Padre Cornelio De Lorenzi, che affidò all’architetto Giuseppe Gallo una modifica ben più ampia della precedente.

    Giuseppe Gallo (1860 – 1927) fu uno degli architetti più attivi a Torino a cavallo dei due secoli, lavorando in quasi duecento cantieri di edilizia religiosa e civile; in particolare fu autore dei  progetti relativi alle chiese di San Bernardino, Sant’Alfonso e Gesù Nazareno.

    Nella nostra chiesa realizzò una completa ricostruzione del presbiterio: la struttura poligonale realizzata da Pulciano [A] fu innalzata fino al tetto, diventando l’abside [B] che vediamo ancora oggi; in essa vennero aperte due ampie trifore [C], che conferiscono all’edificio un carattere più decisamente gotico.

    Nella nuova abside è inserita una nicchia, sporgente all’esterno, destinata ad ospitare la grande statua del Sacro Cuore.

    Contestualmente furono chiusi i matronei che Pulciano aveva realizzato, già nella prima fase costruttiva, scavalcando il progetto di Mella (cfr. capitolo precedente):  sul lato sinistro, essi erano posti uno nella parete del transetto, l’altro nella sezione successiva, in corrispondenza del coro; sul lato destro esisteva un unico matroneo, simmetrico al secondo. Questi ultimi vennero sostituiti da Gallo con due piccole trifore a vetri colorati, mentre al posto del primo fu aperta una monofora identica a quella delle altre campate.

    Per migliorare la capienza e l’accessibilità della chiesa, Gallo intervenne anche sugli ingressi dell’edificio, facendo murare la porta su via Brugnone, senza tuttavia eliminare l’arcata esterna tuttora visibile, e aprendo sulla facciata i due portali laterali al posto delle originarie finestre (sebbene quest’ultimo intervento non risulti dai progetti depositati, è accertato che fu opera sua).

    Il suo intervento fu importantissimo anche all’interno della chiesa, dove curò la realizzazione di quasi tutte le parti lignee presenti ancora oggi. Ma l’arredo e la decorazione interna saranno oggetto di un altro capitolo.


  • Pittori, scultori e intagliatori all’opera

    Dopo la costruzione, passarono alcuni anni prima che si provvedesse a decorare e arredare la chiesa. Dal memoriale di Gastaldi (1877) sappiamo che, a parte le vetrate policrome, l’unico elemento decorativo era un dipinto “su tela trasparente che rappresenta Nostro Signore Gesù Cristo in stile bizantino” che velava la “finestra maggiore del Coro, alta metri 5, la quale è in vetro bianco”. Un articolo dello stesso anno, pubblicato da L’unità cattolica, ci fornisce qualche preziosa informazione in più su questa tela, citando “il finestrone di mezzo coperto da un trasparente di 5 metri di altezza che rappresenta il nostro Divin Redentore in antico stile bisantino, disegnato dal commendatore Andrea Gastaldi, professore di pittura nell’Accademia Albertina, ed eseguito da’ suoi allievi”.

    Si trattava forse di una soluzione provvisoria. Non sappiamo quale fu il destino del dipinto; è noto però che nel 1878 fu collocata dietro l’altare la grande pala dello stesso autore, commissionata l’anno precedente, raffigurante la visione di Margherita Maria Alacoque, recentemente restaurata (https://www.scgtorino.it/restauro-pala-altare-andrea-gastaldi/).

    Fu iniziato nel 1883 il primo ciclo di decorazioni murali. La Guida ufficiale all’esposizione generale di Torino del 1884 rileva ancora un’assenza di decorazione: a tale data i lavori erano in corso, ma la durata fu condizionata anche da una causa legale che il parroco Padre Parena, insoddisfatto del risultato,  intentò nei confronti del pittore, Gabriele Ferrero.

    La decorazione originaria fu in parte ricoperta, in parte completata successivamente. Nel corso dei restauri del 2008-2009 è stato definito – con buona approssimazione – in cosa consistesse e cosa sia ancora visibile: senza scendere nei minimi dettagli, diremo che essa comprendeva innanzitutto le pitture della navata centrale, con i primi otto medaglioni raffiguranti Santi e Beati legati all’Ordine Francescano; inoltre i motivi a fogliami e le croci intorno agli archi della zona anteriore del presbiterio e l’attigua fascia, in origine azzurra, recante la scritta dorata (solo in parte recuperata) Cor Iesu flagrans amore nostri, inflamma cor nostrum amore Tui; e infine l’immagine del cherubino, riportata alla luce durante lo stesso restauro nella volta della navata centrale nell’ultima campata (immagine che sicuramente era ripetuta altrove nella volta stessa).

    Sei dei medaglioni durante il restauro

    La situazione al 1898 è documentata da Giuseppe Isidoro Arneudo nella sua opera Torino Sacra, fondamentale per ricostruire la storia degli edifici ecclesiastici della città. A questa data la facciata era già stata ornata, nella lunetta sopra il portale, con “uno squisito musaico effigiante il Cuore di Gesù, lavoro della Società Musiva di Venezia” (risulta che il disegno sia stato eseguito da Enrico Reffo, autore della decorazione di numerose chiese torinesi di quel tempo), e con le due statue di San Lorenzo e San Francesco d’Assisi, “egregia opera dello scultore Stuardi da Poirino” – quando Giovanni Antonio Stuardi (1862 – 1938) abbia eseguito tali statue in terracotta non è documentato, probabilmente negli anni Ottanta. La scelta di San Francesco d’Assisi è ovvia; la raffigurazione di San Lorenzo onora invece la memoria del fondatore della chiesa, l’arcivescovo Gastaldi.

    Arneudo parla poi di un interno “magnificamente decorato”. Cita innanzitutto gli otto “grandi e bellissimi medaglioni” dipinti sotto le finestre della navata principale, “effigianti a destra San Ludovico Vescovo, Santa Chiara, San Fedele da Sigmaringa, San Bonaventura; a sinistra Santa Elisabetta, regina d’Ungheria, Santa Veronica Giuliani, San Lorenzo da Brindisi e Sant’Antonio di Padova“. Nella zona del presbiterio registra due affreschi ai lati del coro, opera di Salvino Caneparo (1884) raffiguranti rispettivamente la nascita della Vergine e la nascita del Bambino; sempre nel coro, “due quadri di pregio” dono del Cardinal Guglielmo Massaia, raffiguranti l’uno il Crocifisso e l’altro San Giosafat Vescovo; e non manca di ricordare la grande pala dell’apparizione del Sacro Cuore a Margherita Maria Alacoque, posta dietro l’altare.

    Ognuna delle navate laterali era corredata di un altare (a destra dedicato al Crocifisso, a sinistra all’Addolorata) e si concludeva con una cappella: quella a destra, dedicata all’Immacolata, conteneva “un’icona del Thermignon e un altro piccolo quadro della Sacra Famiglia”; quella a sinistra era dedicata a San Giuseppe, “con quadro pure del Thermignon ed altra piccola icona raffigurante la Madonna di Pompei” e inoltre “un quadro antico […] rappresentante San Francesco d’Assisi”. Di quest’ultimo e della Sacra Famiglia si sono perse le tracce; il San Giuseppe e la Madonna di Pompei, rappresentata con i Santi Domenico e Caterina (opera, questa, di Luigi Guglielmino, restaurata nel 2021) sono invece attualmente esposte a sinistra del presbiterio.

    All’ingresso Arneudo segnala l’esistenza della bussola e della balconata, “egregia opera del valente cavalier Giacomo Negri, che le eseguì su bel disegno del […] cavalier Pulciano” con “un buonissimo organo della Ditta Vegezzi-Bossi”. Lì accanto era stato collocato nel 1893 (e lo vediamo tuttora) il busto marmoreo dell’Arcivescovo Gastaldi, opera di Pietro Canonica. Sempre presso l’ingresso erano visibili “le lapidi accoglienti i nomi dei benefattori della Chiesa” e “un’epigrafe in lingua latina che riassume la breve storia della nuova chiesa”: quest’ultima, redatta da Tommaso Vallauri, illustre latinista docente presso l’Università di Torino, è ora ricollocata insieme alle altre lapidi citate nel corridoio a sinistra della chiesa. Un’ultima epigrafe citata da Arneudo, posta nel coro, ci dà, infine, una preziosa informazione sulla cronologia dell’apparato decorativo: “[…] Compiute le pitture e le decorazioni – a memoria del Congresso Eucaristico – settembre 1891”.

    Fu nei primi anni del nuovo secolo che l’apparato decorativo dell’edificio assunse l’aspetto che, sostanzialmente, conserva tuttora: il massiccio intervento, eseguito fra il 1907 e il 1911 in concomitanza con la modifica dell’abside e in coincidenza con la concessione alla chiesa del titolo di Santuario (1910), si deve all’architetto Giuseppe Gallo.

    La nuova abside, come si è già detto, venne dotata di vetrate policrome, prodotte dalla prestigiosa Casa Oidtmann & C. di Linnich, in Germania.

    Furono completate in tutta la chiesa, ad opera di Costantino Felli, le decorazioni murali, consistenti nei motivi a tralci di vite, gigli e rose che vediamo sulla maggior parte degli archi, e nell’immagine del sole raggiante (simbolo dello Spirito Santo) che si ripete al centro delle volte a crociera. Un altro pittore, tale Gennaro, completò la serie dei medaglioni con i Santi legati all’Ordine Francescano (il Venerabile Ignazio da Santhià e San Felice da Cantalice) e alla devozione del Sacro Cuore (Padre Claudio de La Colombière e la Beata Margherita Maria Alacoque).

    Vennero collocati l’altare maggiore e il relativo trono (oggi non più presente), entrambi in marmo bianco, realizzati rispettivamente dai fratelli Capella e da Michele Atleta. Sull’altare fu posto il tabernacolo, fornito dalla Ditta Garbolino. La balaustra antistante venne dotata di un cancello in ferro battuto opera di un tal Rebaudengo.

    Nella nicchia absidale venne collocata la monumentale statua del Sacro Cuore, dello scultore Giuseppe Erbetta, benedetta dal Cardinale Agostino Richelmy il 14 giugno 1910. Non risulta alcuna notizia, nei documenti a nostra disposizione, dei grandi cartigli in bronzo recanti le promesse del Sacro Cuore, esposti sulle pareti dell’abside, e di quello posto orizzontalmente sotto la statua.

    Sulle pareti delle due navate laterali furono disposte quattordici formelle della Via Crucis in terracotta, a proposito delle quali non ci sono altre notizie e che furono poi sostituite.

    Ma l’elemento più vistoso del nuovo arredo è senz’altro la parte lignea. Provengono dal laboratorio del Cavalier Ufficiale Professor Pasquale Negri, figlio di quel Giacomo Negri che aveva lavorato per Pulciano quindici anni prima, le bussole dei nuovi portali laterali, la nicchia (ora perduta) del fonte battesimale, i sei confessionali inseriti nella boiserie che ricopre per tutta la lunghezza le pareti delle navate e, infine, il piccolo altare devozionale di Sant’Antonio, dono alla parrocchia dello stesso Negri (come recita una targhetta ancora ben leggibile). Il coro dietro l’altare, nello stesso stile gotico, è invece opera del Laboratorio Favini e Bellora. Inspiegabilmente, nei documenti a nostra disposizione non c’è alcuna traccia della collocazione del pulpito ligneo, che ricordiamo, fino agli Anni Sessanta, addossato all’ultima colonna della navata centrale.

    Immagini tratte da un fascicolo relativo alle opere del Laboratorio della Famiglia Negri. E’ parzialmente visibile il pavimento originale della chiesa
    Immagine d’archivio. E’ visibile, oltre al pulpito sulla sinistra, la balaustra davanti all’altare

    Un discorso a parte richiedono le due cappelle laterali, alle quali Gallo lavorò successivamente, nel 1923. In quell’anno i parrocchiani, per celebrare il giubileo come parroco di Padre Delorenzi, finanziarono questa nuova tranche di lavori.  In ciascuna cappella l’architetto fece realizzare, sempre dal Laboratorio Favini e Bellora, un altare ligneo di stile perfettamente coerente con la boiserie e il coro; a sinistra fu posta la statua del Crocifisso, a destra quella di Maria Immacolata, entrambe opera dello scultore Barbieri. I sei dipinti delle cappelle furono invece eseguiti da Luigi Guglielmino, allievo ed erede del più celebre Enrico Reffo. Vale la pena di dedicare qualche parola al programma iconografico delle due cappelle, ricco di riferimenti alla spiritualità francescana e alle compagnie devozionali che, all’epoca, erano rappresentate in parrocchia.

    Nella cappella dell’Immacolata compaiono: a destra Sant’Agnese, compatrona delle Figlie di Maria e delle Aspiranti della Gioventù Francescana; a sinistra Santa Elisabetta d’Ungheria, patrona del Terz’Ordine Francescano; al centro, l’apparizione di Gesù a Margherita Maria Alacoque, patrona della Gioventù Francescana.

    Nella cappella del Crocifisso sono raffigurati: a sinistra Maria Santissima Addolorata, patrona delle Umiliate; a destra San Francesco; al centro, la morte di San Giuseppe, assistito da Gesù e Maria.

    Immagine d’archivio della Cappella di sinistra. E’ visibile parte della scala del pulpito
    Immagine d’archivio della Cappella di destra. E’ visibile un tratto della balaustra dell’altare

    Aggiungiamo per completezza che, nello stesso anno 1923, furono installati  i 19 lampadari, prodotti dalla ditta “L’arte dei metalli” di Torino.

    Come già accennato, con poche eccezioni, gli elementi decorativi e di arredo fin qui citati sono tuttora visibili. Abbiamo, però, testimonianza che nel tempo ne furono ancora aggiunti e in parte sono poi scomparsi.

    Nel nostro archivio parrocchiale esiste un libretto piccolo ma curatissimo – e perciò prezioso – redatto nel 1954 dalle ragazze dell’Associazione Santa Margherita Maria Alacoque per il concorso “La mia parrocchia”, indetto dall’Azione Cattolica. Fra le numerose notizie raccolte (che ci saranno utili anche per i capitoli successivi) e la minuziosa descrizione delle strutture della chiesa, scopriamo, ad esempio, che a tale data esisteva già l’altarino dedicato a Santa Rita, simmetrico a quello già citato di Sant’Antonio; che l’abside custodiva numerosi ex voto; e che sulle pareti laterali si trovava non solo il piccolo dipinto della Madonna di Pompei (quello già ricordata da Arneudo, cfr. sopra) ma anche una Santa Lucia, opera anch’essa del Guglielmino, restaurata con la precedente per iniziativa di Don Riccardo, ora ricollocata presso il presbiterio.

    Nel corso di questo capitolo abbiamo citato i nomi di numerosi artisti e artigiani, per molti dei quali ormai troviamo poche righe di notizie e talvolta neppure quelle. La nostra intenzione non era quella di sovraccaricare il racconto di dati eruditi, ma piuttosto di conservare in qualche modo la memoria di coloro che, a prescindere dal loro prestigio, hanno prestato la propria opera per realizzare quell’ambiente in cui ancora oggi si riconosce una grande comunità.

    Un po’ di bibliografia

    “Una nuova chiesa parrocchiale in Torino dedicata al Sacratissimo Cuore di Gesù”, L’Unità cattolica n. 142, 19 giugno 1877.

    Torino 1884. Esposizione Italiana. Brevi cenni sulla Città e dintorni, Unione Tipografico-Editrice, Torino [1884]

    Giuseppe Isidoro Arneudo, Torino Sacra illustrata nelle sue Chiese nei suoi Monumenti Religiosi nelle sue Reliquie, Giacomo Arneodo Editore, Torino 1898

    Contributo alla storia del lavoro in Piemonte. Alcune opere d’arte eseguite nel Laboratorio G. Negri di costruzioni in legno, mobili e decorazioni industriali fondato nel 1850 dallo Stipettaio Cav. Giacomo Negri dal 1891 diretto dal Prof. Pasquale Negri, Tip. Giuseppe Vogliotti, Torino 1922

    Associazione S. Margherita M. Alacoque, Concorso “La mia parrocchia”: Parrocchia S. Cuore di Gesù Via Nizza 56 – Torino, 1954

    Giorgio Garabelli, Michelangelo Varetto, Luca Emilio Brancati, Marina Locandieri, Nicola Macchioni, Benedetto Pizzo, Elisa Pecoraro, “Prove di consolidamento e di trattamento superficiale del legno combusto e carbonizzato di una struttura architettonica lignea del XX secolo”, in Conservare e restaurare il legno. Conoscenze, Esperienze, Prospettive, Atti del convegno di studi Bressanone 23 – 26 giugno 2009, a cura di Guido Biscontin e Guido Driussi, Scienza e Beni culturali XXV (2009)

    https://www.consorziosanluca.eu/realizzazioni-consorzio-san-luca/restauro-pittorico/la-chiesa-del-sacro-cuore-di-gesu-a-torino.html  [fonte di gran parte delle foto di questo capitolo]


Magico UZBEKISTAN – 23-30 aprile

Viaggio organizzato dalla Parrocchia Sacro Cuore di Gesù
in collaborazione con l’Opera Diocesana Pellegrinaggi.

L’Uzbekistan è un caleidoscopio di emozioni, dove il passato danza con il presente
tra le meraviglie che avvolgono le sue città intrise di magia.

Per iscrizioni rivolgersi in ufficio parrocchiale.

ORA SANTA: I SETTE SEGNI – 1° giovedì del mese

Percorso di catechesi biblica
e preghiera, con don Riccardo,
attraverso il Vangelo di Giovanni

Giovedì 5 ottobre 2023

        DOLCEZZA di una prima esperienza con Dio.
        Gesù alle nozze di Cana.

Giovedì 2 novembre 2023

        CONFIDENZA Apprendistato dell’umiltà.
       
Gesù guarisce un bambino

Giovedì 30 novembre 2023

        FORZA La guarigione della volontà.
       
Gesù guarisce un paralitico

Giovedì 1 febbraio 2024

        NUTRIMENTO Una comprensione nuova di Dio.
       
Gesù moltiplicando i pani e i pesci ci offre una seconda chiamata

Giovedì 29 febbraio 2024

        LIBERTA’ Uscire dall’Egitto.
       
Gesù cammina sulle acque del mondo

Giovedì 4 aprile 2024

        OCCHI GUARITI dalla cecità spirituale.
       
Gesù guarisce un cieco

Giovedì 2 maggio 2024

        INTIMITA’ Amici di Dio.
       
Gesù risuscita Lazzaro

Corso di CANTO GREGORIANO – Sostanza e forma della Parola – Iscrizioni aperte

Il Santuario del Sacro Cuore di Gesù di Torino organizza il corso Il Canto Gregoriano, Sostanza e
forma della Parola
con l’obiettivo di formare una Schola che intervenga nella liturgia integrandola
attivamente.
Il corso è tenuto da Andrea Banaudi, organista, cembalista e dal 2017 titolare dell’organo del
Santuario.

Alcuni dei principali argomenti trattati sono: Cenni storici, Notazione, Estetica gregoriana,
Modalità, Repertorio della Messa e dell’Ufficio, Neumi, Liquescenza, Salmodia.

Gli incontri si svolgono il mercoledì sera dalle 20:30 alle 22:00 a partire dal 18 ottobre 2023 presso il
Salone del Santuario, con ingresso in Via Brugnone 1. Le lezioni teoriche sono aperte a tutti gli interessati
(uditori), mentre la partecipazione alle prove della Schola è riservata a quanti superano la prevista audizione (partecipanti attivi). L’accesso al Salone in cui si svolgono gli incontri è limitato ad numero massimo complessivo di 50 iscritti.
Chi desidera partecipare al corso può compilare l’apposito modulo di iscrizione disponibile sul sito
della parrocchia o in Ufficio parrocchiale entro lunedì 16 ottobre; coloro che intendono sostenere l’audizione sono pregati di indicarlo nell’apposito spazio.

Tramite e-mail sarà comunicata data e ora dell’audizione.

La frequenza al corso è subordinata alla sottoscrizione della tessera annuale dell’Associazione NOI
scgtorino APS, che garantisce la copertura assicurativa in caso di eventuali incidenti negli ambienti messi a disposizione dal Santuario. La quota associativa di 10 Euro deve essere versata in contanti o tramite carta bancomat in occasione del primo incontro.

“Il bello è partecipare” – Scopri il Volontariato al Sacro Cuore di Gesù

Contenuto della pagina:

Il Sacro Cuore è sempre più comunità viva e ricca di proposte spirituali, formative, culturali, aggregative per tutte le fasce di età dai 6 anni ai 60+.
L’Oratorio si conferma – e in parte si riscopre – polo di socializzazione capace di offrire una molteplicità di servizi agli abitanti del quartiere San Salvario che sempre di più lo abitano e lo frequentano.

Dietro al gran numero di attività e di eventi c’è una famiglia di oltre 100 volontari che in questo spazio comune non solo transitano, ma operano sette giorni a settimana nel progettare, costruire, manutenere, formare […] in altri termini, Animare una casa a cui sentono di appartenere.

volontario del sacro cuore durante attività sociali nel quartiere san salvario a torino

Perché fare volontariato in Parrocchia?

Alcuni suggerimenti

  • Per generare impatto sociale e rispondere con azioni concrete a diversi tipi di povertà: relazionale, educativa, materiale.
  • Per sperimentare la fede e la spiritualità anche nel Servizio
  • Perché nella grande città è difficile vivere autentici contesti “comunitari” e contribuire a realizzarli
  • Perché è gratificante vedere i risultati di qualcosa che si costruisce insieme
  • Perché stare in relazione con gli altri aiuta a non sentirsi soli
  • Perché il tempo donato vale più del tempo sprecato
  • …pensa una motivazione che ha valore per te!

Quali sono gli ambiti di volontariato?

Cultura ed Eventi
Organizzazione e realizzazione di eventi culturali o socializzanti
Musica e canto
Partecipazione ai cori liturgici o ai gruppi musicali che animano specifiche occasioni
Animazione Liturgica
I servizi per animare e arricchire le celebrazioni liturgiche (lettori, servizio all’altare, ecc.)
Animazione
Attività di gioco e relazione per bambini e ragazzi
Formazione Giovani  
Progettazione dei percorsi formativi per ragazzi dalle medie all’università
Attività Senior
Gestione di attività e occasioni di incontro rivolte al gruppo Senior (over 60) 
Accoglienza
Apertura e presidio dell’ingresso dell’oratorio durante la settimana e in occasioni specifiche  
Doposcuola
Erogazione di servizi di supporto allo studio per bambini e ragazzi del quartiere
Brico e manutenzione
Attività di costruzione, riparazione o manutenzione nei locali dell’Oratorio e della Parrocchia
Comunicazione
Gestione delle attività promozionali e narrative, online e offline, legate all’attività dell’Associazione e della Parrocchia 
Laboratorio Creativo
Realizzazione di oggetti fai-da-te per la decorazione degli spazi o per gli autofinanziamenti
Mensa – Centro di Solidarietà Sociale
Servizio presso la mensa dei poveri della Parrocchia.
Sport
Conduzione di attività sportive rivolte ad adulti e ragazzi.
Bar e cucina
Servizio presso il bar (caffè, aperitivi, cibo confezionato) e / o gruppo cuochi per eventi o campi
Catechismo
Formazione catechistica dei bambini dalla seconda alla quinta elementare
Sportello digitale
Sportello di supporto dedicato a chi ha bisogno di aiuto con lo smartphone o il computer
Ginnastica mentale
Conduzione di attività e giochi per senior e non durante la settimana
Biblioteca e scambio libri
Gestione dello scambio e prestito di libri presenti in biblioteca
Manutenzione verde 
Cura del verde in oratorio (aiuole, vasi, piante)
Cura del Santuario
Servizio di pulizia, decorazione e manutenzione degli spazi per la liturgia.
Assistenza ai malati
Offrire alle persone costrette in casa ascolto e il sacramento dell’Eucarestia
Gruppo Vincenziano
Supporto a famiglie e persone in difficoltà.

Come si diventa volontario?

Il primo passo è conoscerci, capire quanto tempo e quali capacità puoi mettere a disposizione e quale potrebbe essere il tuo impegno al Sacro Cuore.

Inviaci una mail di presentazione e fissiamo insieme un appuntamento. Scrivi a: